U.C.A.F.

Ovvero: Ufficio Complicazione Affari Semplici. Nasce dal presupposto che per risolvere un problema non è utile andare a toccarne la causa ma invece è necessario attaccarne uno dei sintomi. Se non bastasse, per i più masochisti, possiamo dire che spesso la misura adottata per eliminare il sintomo risponde ad una esigenza che non ha niente a che fare con il sintomo stesso.

Quindi l’esistenza del bullismo viene contrastata con l’istituzione di una task-force e l’emergenza dell’immondizia in Campania viene risolta con la costruzione o l’ampliamento di discariche. In pratica è come se uno ha un tumore e invece di operarsi per asportarlo si prende soltanto gli antibiotici per curare di volta in volta i sintomi dipendenti dalla presenza del tumore. Il tumore sta bene dove sta, è meglio che passo il resto della vita a curare la febbre che mi causa! Una volta smaltita tutta quell’immondizia che ce ne faremo di tutti quei siti? Una volta che le forze dell’ordine entreranno nelle scuole come faremo a dire ai ragazzi che la scuola è un posto dove poter tranquillamente fare le proprie scoperte nella relazione con i pari?

Quello che non si intravede nella superficialità delle soluzioni proposte è uno sguardo oltre l’orizzonte che quanto meno darebbe una parvenza di senso. Nell’UCAF vive la pretesa di risolvere grandi problemi con piccole misure, superficiali e istantanee, quando invece la misura dovrebbe essere proporzionata alla dimensione del problema; anzi, poiché l’esistenza del problema denota un essere arrivati troppo tardi, direi che la misura correttiva deve essere anche più grande e più complessa.

Un bullo non è solo un bullo. È una famiglia, è un gruppo di amici, è una scuola, è una città, è una televisione, è un computer, … non è una task-force. Sti ragazzi non sanno neanche quello che fanno e noi gli mettiamo davanti la polizia quando invece prima c’erano maestre con le righe in mano e genitori con le “cucchiarelle” e con le “chiavi di casa”.

I problemi ci siamo rassegnati a non risolverli. Gonfiamo le inezie nella pretesa di far credere che una volta tolta l’immondizia, eliminati i bulli dalle scuole, sgomberati i campi rom, allora si che saremo una grande nazione!

Teoria del "Si, ma non basta!"

Ci vorrebbe che la famiglia ritrovi un ruolo educativo che odori di antichi valori. Con dei genitori presenti ai loro figli muniti di un bagaglio di autorevolezza non comprata, non mediata, non frutto di compromessi, ma autentica, rispettosa, benevola, indicatrice.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe una scuola che guardi anche oltre il voto; che guardi i visi dei ragazzi e attraverso di essi scoprirne e valorizzarne le diversità, le potenzialità e il vissuto; che sappia riscoprirsi privilegiato luogo di relazioni per i figli che mettono per la prima volta i piedi fuori dalla famiglia e anche per quelli che dei loro pari ne erigono statue e ne fanno degli idoli; una specie di Don Milani adattato a 35 ore settimanali per 210 giorni lavorativi all'anno.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe una televisione meno superficiale che sappia dire qualcosa di vero e sincero sul mondo e su noi stessi senza la presunzione di erigersi a esempio e testimonianza.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe una politica meno immaginaria e più sostanziosa dove chi è di destra dice e fa cose di destra e chi è di sinistra dice e fa cose di sinistra, senza confondersi troppo tra quello che è personale e quello che è per il bene comune; partiti che ritrovino un loro spirito di militanza non secondo la regola dello stare contro ma secondo la coltivazione di valori civili audaci.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe un mondo che non dia la sensazione di infinito e che sappia gestire il suo essere complesso; che riesca a mantenere un equilibrio che è poi quello insito allo spirito di sopravvivenza dei suoi inquilini; che ogni tanto si osservi bene, ma veramente bene, dall’alto e scoprire che guardandoci dallo spazio tutti i continenti sono più vicini, legati e dipendenti l’uno dall’altro, di quanto ce ne rendiamo conto da quaggiù.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbero gli alieni che un bel giorno decidano di venire a farci visita e ci portino il loro speciale punto di vista: “Svegliatevi perché da qualche parte bisogna pur cominciare!”.
Anche quel giorno ci sarà il bradipo di turno che risponderà … si, ma non basta!

Ralph Ellison

Io sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro, come quelli che ossessionavano Edgar Allan Poe; e non sono neppure uno di quegli ectoplasmi dei film di Hollywood. Sono un uomo che ha consistenza, di carne e di ossa, fibre e umori, e si può persino dire che possegga un cervello. Sono invisibile semplicemente perchè la gente si rifiuta di vedermi: capito?
Come le teste prive di corpo che qualche volta si vedono nei baracconi da fiera, io mi trovo come circondato da specchi deformanti di durissimo vetro. Quando gli altri si avvicinano, vedono solo quello che mi sta intorno o se stessi, o delle invenzioni della loro fantasia, ogni e qualsiasi cosa, insomma, tranne me.
(tratto da "Uomo invisibile")

L'amore trasparente

L'amore trasparente non so cosa sia
mi sei apparsa in sogno e non mi hai detto niente
ti ho dormito accanto e mi hai lasciato andare
sarà anche il gioco della vita ... ma che dolore!

(Ivano Fossati)

Altruismo or not Altruismo!?

Nei commenti a questo articolo su u-press si è finiti a parlare di altruismo (per inciso io sono ulisse).

A me piace parlare di atteggiamenti che risultano naturali, cioè insiti nella natura dell’uomo, e non naturali. Specifico che per “naturali” non intendo dire né giusti, né condivisibili, né giustificabili … semplicemente naturali.

Pensare a se stessi è una cosa naturale? Certamente si. Nonostante frasi del tipo “pensa solo a se stesso” sono capaci di rendere accettabile o meno una persona, c’è da dire invece che se non avessimo in noi un istinto alla conservazione, alla ricerca del benessere per se stessi, non faremmo niente di tutto quello che facciamo, sia nel bene che nel male.

Si può dire che l’altruista pensa a se stesso? Certamente si. Per capirlo si tratta di fare i conti con le proprie emozioni: una persona emotivamente altruista si sentirebbe meglio se facesse l’egoista, cioè se pensasse solo a se stesso (nell’accezione comune)? Certamente no. Quindi non può non fare l’altruista. Ognuno di noi starebbe meglio se facesse delle cose che vanno contro la propria personalità e sensibilità? Certamente no. Ognuno di noi non può non essere se stesso.

Un altruista non riconoscerà mai, e non gli verrà mai riconosciuto dagli altri, che quando aiuta gli altri lo fa per aiutare se stesso a stare bene. Questo semplicemente perché per il senso comune chi pensa a se stesso, chi pensa al proprio bene, è notoriamente una persona da additare, non affidabile.

Le persone non cambiano. Possono smettere di fumare, passare dal caffè con zucchero a caffè amaro, ma non possono cambiare il proprio bagaglio psichico fondante. Possono limare in superficie ma non possono modificare la morfologia del fondo. E se le persone non cambiano allora non cambiano neanche le relazioni. Non ci credo che si possa passare dall’amare una persona all’odiarla. Anche qui il cambiamento possibile si riduce alla superficie, probabilmente solo al visibile. Le persone e le loro relazioni piuttosto si adattano ma non cambiano.

Lasciarsi andare

che bello avere davanti una persona che ti racconta qualcosa
con il trasporto e la gioia che è come se fosse ancora lì
ascolti le parole guardi gli occhi osservi i gesti e ti lasci andare
viaggi in posti dove non sei mai stato
incontri persone che non hai mai visto
è come se il suo viso si modella sull'immagine
è il tentativo che le emozioni fanno di venire alla luce e disporsi alla tua portata
è lo sforzo di sintonizzarsi su una comune sensazione

quando una persona ha voglia di donarti un racconto
non dovrebbe essere interrotta per niente al mondo