Edward Norton - la 25^ ora

gran pezzo di monologo riscoperto grazie ad un amico...

La differenza è se sei cieco o no

Oggi ho preso e sono andato a Roma. Maltempo...alluvione...macchine impantanate...barconi incastrati sotto i ponti...traffico eccezionale...ecco, non ho visto assolutamente niete di tutto ciò semplicemente perchè sono andato in treno. Viaggiare in treno di stazione in stazione sembra come se stai fuori dal mondo. Le strade non le vedi e neanche le macchine e neanche le persone che s'incazzano perchè ci sono tante macchine e neanche persone che tirano giù il calendario perchè le macchine hanno beccato a tutta velocità proprio la pozzanghera lì vicino al marciapiede. Insomma, se proprio si deve andare in un posto dove è stato dichiarato lo stato di calamità naturale, è meglio andarci in treno.

Poi sulla metro ci stanno gli schermi piatti che mandano a ruota le pubblicità e pregano le persone di essere gentili e civili alzandosi per far sedere anziani o persone più bisognose di sedersi (e meno male che ci stanno sti schermi a dircelo altrimenti chi mai potrebbe farlo?!) e su sti schermi ho visto la pubblicità di un altro schermo dove alla fine usciva scritto "La differenza è Sharp" e mi so chiesto: se io guardo questa pubblicità con uno schermo di 25 anni fa dove fa a finire sta differenza?

Muriel Barbery

"Ho letto tanti libri...
Eppure, come tutti gli autodidatti, non sono mai sicura di quello che ho capito. Un giorno mi sembra di abbracciare con un solo sguardo la totalità del sapere, come se all'improvviso invisibili ramificazioni nascessero, e intrecciassero fra loro tutte le mie letture sparse - poi subito il senso scivola, l'essenziale mi sfugge, e per quanto rilegga le stesse righe ogni volta mi appaiono più inafferrabili, mentre io mi vedo come una vecchia pazza che crede di avere la pancia piena soltanto perchè ha letto il menù.
Pare che questa compresenza di talento e cecità sia il tratto distintivo dell'autodidatta. Pur privando il soggetto della guida sicura che ogni buona formazione fornisce, gli dona tuttavia libertà e capacità di sintesi del pensiero, laddove i discorsi ufficiali frappongono barriere e vietano l'avventura."

Pipilotti Rist

"Quando cresci, comprendi che certe cose sono impossibili.
Se no, diventi un artista!"

Pubblico vs. Privato

L'idea che sia necessaria la Cosa Privata nasce nel momento in cui qualcuno si frega i soldi della Cosa Pubblica...

Jorge Bucay

Hai fame di sapere
fame di crescere
fame di conoscere
fame di volare...
forse oggi sono la tua mammella
che ti dà il latte
e placa la tua fame...
sono felice che oggi
tu voglia questa mammella.
Ma non dimenticare:
non è la mammella che ti nutre...
è il latte!

Si vola sempre più bassi

Tra mille chiacchiere sempre in bilico tra la superficialtà e la banalità ogni tanto spunta fuori qualche parola che ha il dolce sapore della reatà....

"Ma c’è qualche pilota che mugugna amaramente contro i leader sindacali, Fabio Berti e Massimo Notaro. «Avevano fatto ad aprile un accordo con Berlusconi - spiega un primo ufficiale e seccatissimo - per far saltare la vendita ad Air France. Lo sanno tutti. E adesso la Cai ci taglia lo stipendio e caccia il triplo dei piloti». Il succo del messaggio: sarà meglio per Berti e Notaro spuntare in queste frenetiche ore qualche risultato tangibile in extremis. O saranno guai."

da LaStampa.it del 26/09

Riflessioni sull'adolescenza

Questo mi sembra un ottimo contributo per tutti coloro che ogni tanto buttano i propri pensieri verso la presenza degli adolescenti nelle scuole ..........
http://www.bispensiero.it/index.php?option=com_content&task=view&id=310&Itemid=585

Ozpetek

Le fate ignoranti sono quelle che incontriamo e non riconosciamo ma che ci cambiano la vita.

Non sono quelle delle fiabe, perché loro qualche bugia la dicono.

Le mie sono ignoranti, ma esplicite, anche insolenti a volte, ma non mentono sui sentimenti.

Le fate ignoranti sono tutti quelli che vivono allo scoperto, che vivono i propri sentimenti e non hanno paura di manifestarli.

Sono le persone che parlano senza peli sulla lingua, che vivono le proprie contraddizioni e che ignorano le strategie.

Spesso passano per "ignoranti", perché sembrano volgari e invadenti per la loro mancanza di buone maniere, ma sono molto spesso delle "fate" perché capaci di compiere il "miracolo" di travolgerci, costringendoci a dare una svolta alla nostra vita.

Prossimo acquisto

Titolo: "Tutte queste cose, il piccolo le dimentica ..."

... allora l'osservo, così poi magari un giorno gliele dico.

Pensierino della sera

io ti amo molto e credo, nonostante non ti biasimi,
che stiamo commettendo un piccolo errore
non penso sia giusto perdersi l'opportunità di viverci nell’intimo,

nel segreto, nel ricercato
non con la fiducia, l'interesse e, perché no, l’amore che ci unisce

Speranza Now

Oggi come oggi la mia speranza è rappresentata da una giovane coppia di amici che sta per avere una figlia e non sono sposati … non ne hanno intenzione a dir la verità. Precisamente nel fatto che entrambi non arrivano all’età di trent’anni ed entrambi fanno un lavoro che è tutt’altro che redditizio … diciamo un lavoro che può anche finire dall’oggi al domani … lo stesso mio. Un caso più unico che raro di questi tempi e si sa che la speranza risiede nelle eccezioni, proprio in quei pochi casi che per alcuni rappresentano la possibilità che le cose si possono anche fare diversamente e meglio.

Niccolò Fabi - Costruire

Morto che parla

Probabilmente userebbe queste parole:

“Che siete venuti a fare così in tanti. A pregare per me? Ma andate a raccontarlo ad un altro. Pregare è una pratica che ormai non fa più nessuno con convinzione, con fede, neanche i cristiani. Avete mai pregato per me nella vostra vita? No, e allora perché dovete farlo proprio ora, al mio funerale e non prima quando ero ancora in vita e una preghiera avrebbe potuto aiutarmi!? Ora che sono morto a che serve pregare per me? Affinché il buon Dio ascolti e si convinca che io meriti il Paradiso? E da quando Dio fa il conto delle persone che pregano per decidere su una questione di tale importanza? Forse ci vogliono 10 preghiere … ma no, per tagliare la testa al toro ed essere sicuri sono meglio 100 … e così via in Paradiso per direttissima!!! Ma ve lo immaginate Dio che si fa questi ragionamenti?! No, quando sei al bivio non si può dare così importanza al numero di preghiere giunte ai piani alti.
Allora siete venuti per darmi l’estremo saluto così come Madre Chiesa vuole? E perché mai dovrebbe salutarmi la maggior parte di voi che solo negli ultimi dieci anni non mi ha mai cercato, mai telefonato né tanto meno salutato nelle fortuite occasioni di incontro? E poi, date le premesse, mi sembra una elegante presa per il culo venirmi a salutare proprio quando io non posso rispondervi, non posso “importunarvi” con la mia presenza, con i miei pensieri, con i miei sguardi. Mi sembra tutto troppo facile e dal titolo “mi metto la coscienza a posto”.

Io non vi voglio. Siete in troppi e siete falsi. Si dice che sul punto di morte ti passa tutta la tua vita davanti e proprio per questo mi chiedo perché in questa chiesa ci sono così tanti volti che nel mio revival non hanno neanche il ruolo di comparse. È troppo forte il bisogno di poter dire – c’ero anch’io! – rispetto alla presa di coscienza che è da ipocriti fare lo sfranto al funerale della persona con la quale non si è voluto avere a che fare quando era in vita (ognuno per i suoi personali motivi, si intende). Cosa si prova ad essere lì seduto nei banchi di questa magnifica chiesa a sentire il prete che tenta di ricordare qualcosa di me, a vedere i miei parenti (loro si davvero sfranti dal dolore) che soffrono, a lasciarsi vedere dai vicini di banco? Soddisfazione? Coscienza risanata? Possibilità di uscire da questa chiesa con un peso in meno?No, la verità è che mi dispiace che siete al mio funerale perché state occupando posti tra i banchi che potevano ospitare persone più importanti e più significative di voi. Ai funerali dovrebbero esserci solo i parenti e gli amici dei parenti. Perché sono loro, i parenti, che hanno bisogno di persone al loro fianco che li aiutino a superare il dolore, ad andare avanti, a superare il momento, a fare i conti. Gli altri, quelli che partecipano perché conoscevano il deceduto, in questo caso me medesimo, devono essere centellinati. Dovrebbe essere fatta una gran selezione per difetto tra tutti quelli che si sentono in dovere di partecipare e dare il permesso solo a coloro che, al contrario, proverebbero piacere … non intendo il piacere del tipo “tiè, sono contento che sei morto e vengo a gustarmi la mia felicità vedendoti in una bara” … intendo piuttosto quelli che religiosamente avrebbero il piacere (che, tradotto, significa “bisogno”) di partecipare al funerale per vivere fino in fondo il proprio atto di dolore rispetto alla scomparsa di una persona che evidentemente era loro a cuore. Tutti gli altri se ne stiano a casa …

La lezione del don di Barbiana














Mi rimane del cuore la sapienza con la quale don Milani è riuscito a saldare le due preoccupazioni della sua vita: essere educatore e assolvere al compito di sacerdote e di cristiano. Il riconoscimento della non necessità di una scuola cattolica per fare questo. Perchè un'attività educativa è cristiana nel momento in cui è liberatrice e non nel momento in cui trasmette un sapere che ha saputo, un insieme di valori già acquisiti che costituiscono un'ideologia. Anzi, la scuola non deve trasmettere ideologie. La scuola ideologica caratterizzata confessionalmente è intrinsecamente diseducativa perchè abitua la coscienza alla passività e al soffocamento delle sue capacità creative.


Sono riconoscente a don Milani per aver sostenuto con forza che non dobbiamo fare della scuola, e in generale dell'atto educativo, un luogo dove le diverse ideologie si contendono le coscienze perchè un ragazzo diventa adulto quando acquisisce discernimento critico e per fare questo l'atto educativo deve provocare libertà e capacità di giudizio.

Current TV

Prendi la penna e scrivi ... poi prendi il microfono e registra ...

Una televisione da conoscere ... studiare ... partecipare ... promuovere ...

Current TV

Appena possibile ci scrivo un post serio su questa bella TV.

Fiaba ... fiabetta!

Una volta un sassolino mi ha regalato un quaderno davvero bello. È sghembo, così come sono io nello scrivere. Alla prima pagina ci ha scritto una frase di Raymond Carver: “Nella giornata di ciascuno di noi ci sono momenti significativi che possono diventare letteratura. Bisogna stare all’erta e prestarci attenzione. È di quelli che bisognerebbe scrivere.”.

Si diceva che scrivere era una cosa che si poteva fare. Dopo tutto non si era così scarsi. Si prendono le proprie emozioni, si prende la realtà, e le si racconta a modo proprio. Non ci sono regole formali e forse è proprio per questo che può farlo chiunque.

Poi quel sassolino ha cominciato a scrivere seriamente. Testi belli. Di quelli che riescono ad entusiasmare il cuore e a far sognare l’intelletto. Pochi quelli che ho avuto modo di leggere. Ce n’era uno in particolare che mi ricordava molto Alessandro Baricco in “Oceano Mare”. Chi sa se ce l’ha ancora conservato da qualche parte. Chi sa se un giorno potranno leggerlo tutti.
Sarebbe bello.

Io continuo a scrivere sghembo.

I sassolini come quello di questa fabia … uno di quelli senza spigoli, arrotondati, dolci, che non fanno male e che scivolano sull’acqua, la studiano, prima di buttarcisi dentro, che non graffiano in superficie ma lasciano il segno in profondità … sono da tenere nella propria casa … ricordo sempre vivo ... da non cancellare ... da ringraziare ...

TMI

http://www.technicalmedical.com

TMI sviluppa strumenti formativi e sistemi di formazione all'avanguardia in molteplici campi, prima fra tutti quello socio-sanitario, con prodotti e servizi per:
- Formazione Medica Avanzata
- Comunicazione socio-sanitaria
- Soluzioni per Marketing

Dialogando con istituzioni, aziende farmaceutiche, personale medico e centri di ricerca, TMI è referente di primo livello nella promozione e gestione di programmi di elevato profilo scientifico e di assoluto valore sociale.
La sua struttura di avvale di una rete internazionale di centri di formazione (Global Training Network), in grado di garantire le stesse metodologie e gli stessi standard qualitativi ovunque nel mondo.

TMI si connota in maniera forte sul territorio, grazie a cooperazioni con aziende, enti pubblici ed università.

TMI si occupa da tempo di formazione medica utilizzando la simulazione e riproducendo meticolosamente ambienti ospedalieri e non. In questo modo le procedure clinico-chirurgiche possono essere svolte infinite volte consentendo al personale medico di operare in assoluta sicurezza. TMI mette al servizio della comunità il know-how specifico nel riprodurre situazioni di emergenza-urgenza.







Seguendo il modello collaudato dell'aeronautica, dove i simulatori di volo consentono un training sicuro e allo stesso tempo realistico, TMI crea riproduzioni di scenari clinici sicuri ma drammaticamente realistici, dove l'errore è l'esperienza e apprendimento, non perdita di vite umane. Grazie allo stato dell'arte delle tecnologie di simulazione, della realtà virtuale e della multimedialità, TMI offre la possibilità di ottenere risultati concreti ed usabili nella vita reale.

Daniele Silvestri

è come l'amore
va di tasca in tasca come l'accendino vuole
ti ritorna quando non hai niente da appicciare
se escludiamo il poco che rimane ancora

Eppure potevamo capirlo prima ...

Ci sono eventi e parole che ci dicono qualcosa del presente ma soprattutto ci profetizzano il futuro...per questo non possiamo limitarci ad essere persone con lo sguardo corto! La realtà è troppo complessa. Non può essere presa con superficialità. Dobbiamo sentirci tormentati dalla curiosità del conoscere e capire gli eventi fino in fondo.

Non possiamo lasciar passare inascolata la pubblicazione del memoriale di Vicenzo Calcara (pentito mafioso con il quale si incontrò spesso Paolo Borsellino) che ci da un esempio di come le cose non sono sempre così come ci appaiono.
Si può trovare su www.19luglio1992.com

Un pò di cose

I pensieri serali sono quelli più accettabili, quelli più vicini ai pensieri reali e veri. La sera non hai modo di pensare cazzate perché c’è tutto il tempo per sgamarle. Per pensare la sera c’è bisogno di pazienza perché sai che qualsiasi cosa ti viene in mente di fare devi per forza aspettare la mattina dopo e tra la sera e la mattina ci sono molte ore … soprattutto se le passi insonne.
Che poi succede che qualche pensiero alla fine si va perdendo e la mattina dopo ti svegli con un sapore amaro in bocca, con la sensazione di esserti perso qualcosa per strada. Alla fine di ogni giorno c’è sempre una buona idea che sacrifichi al non ricordo e non rimane che sperare che quelle che ricordi valgano veramente la pena di essere ricordate.

Sotto la pioggia. Era tanto che non lo facevo. Bellissima esperienza. Che poi in quella situazione non è che ti metti a camminare con passo svelto come faresti di solito anzi ti rilassi, fai passi lunghi e lenti, un po’ come se volessi allungarti di più per non lasciare nessuna parte del corpo asciutta. Anche le braccia, movimenti più larghi, anche le ascelle devono uscirne bagnate da sta camminata. Via gli occhiali, testa alta. Stare sotto la pioggia è una di quelle cose che ti lava dentro mentre di bagna fuori, come se l’acqua penetrasse la pelle, si inserisse nelle vene, diretta al cuore, e te lo sciacquasse proprio per bene, dall’interno. E poi che bello vedere come la pioggia cancella in un istante i segni del passaggio delle macchine, come cancella le orme lasciate dalle scarpe, come se cancellasse il tempo, come se cancellasse il movimento, l’esistenza espressa dal fatto che qualcosa o qualcuno si muove. Torni a casa poi che sei distrutto. Non stanco. Distrutto dalla lavanda al cuore appena fatta. Riposo.

Le persone non cambiano. Le relazioni tra persone non cambiano. Intendo nella sostanza, nel profondo, nei sentimenti. Quello che ci da la sensazione del cambiamento non è altro che la personalità che si adatta per continuare a soddisfare se stessa. I sentimenti restano gli stessi.

Flashback

1996 – capita che sei al secondo superiore e non ti rendi assolutamente conto che stai affondando … collezioni voti insufficienti col pensiero che c’è ancora tempo per recuperare: un quadrimestre, due mesi, un mese, un paio di settimane, un paio di giorni, un giorno, dopo la fine della scuola nei corsi di recupero, convinto che c’è ancora tempo … intanto marini la scuola e non studi … dai fianchi giungono segnali di una urgenza e preoccupazione per te incomprensibili … quando poi vai a vedere i quadri non riesci a far altro che mostrare stupore per l’ovvietà.

2008 – capita che adesso sei l’educatore di un adolescente che deve fare gli esami di terza media e non si rende assolutamente conto che sta affondando … colleziona voti insufficienti con la convinzione che c’è ancora tempo per recuperare: un quadrimestre, due mesi, un mese, un paio di settimane, un paio di giorni, un giorno, convinto che c’è ancora tempo … intanto non studia e fa sega proprio a due settimane dalla fine della scuola … i quadri ancora non escono!

Cosa faccio?!
I conti con il mio passato …

Ernesto Balducci

"L'educatore, nel momento stesso in cui entra nello spazio educativo, è semplicemente una persona che provoca la libertà, che provoca la capacità di giudizio: una capacità inalienabile che appartiene al ragazzo, pur piccolo che sia. Se un'educazione non fa questo è diseducativa. [...] L'educazione non può essere considerata come un processo discendente, che preusppone un maestro che sta in alto e degli alunni che stanno in basso e ascoltano come recipienti che attendono di essere riempiti. L'educazione è sempre coeducazione: secondo l'efficace espressione del grande educatore Paul Freire - nessuno educa nessuno, gli uomini si educano insieme -. Coeducarsi significa entrare in una situazione in cui lo stesso maestro, non in maniera atteggiata e retorica ma in maniera intima e seria, sa di dover imparare."

Daniel Webster

Se mi fossero portati via tutti ì miei averi tranne uno, sceglierei di tenere per me il potere della comunicazione, con il quale potrei facilmente riappropriarmi di tutti gli altri.

ON AIR now 2

Io so' testardo c'ho la capoccia dura
e per natura non abbasso mai lo sguardo
è un'esigenza perché c'ho 'na pazienza da leopardo
e so' testardo e non mi ferma gnente
vado sempre avanti fino al mio traguardo indifferente
e non m'importa gnente se ritardo
io so' de legno e sembro muto e sordo
ma le tue parole, sta' tranquillo che me le ricordo
e qualche volta me le segno

io so' de coccio quello che dico faccio
io so' uno che, comunque vada le promesse le mantiene
che poi nemmeno me conviene ... molto
perché so' un muro e pure se t'ascolto
fondamentalmente so' sicuro che la tua vita è appesa a un filo
e io c'ho le forbici

però se ancora un po' mi piaci la colpa e dei tuoi baci
che m'hanno preso l'anima de li mortacci tua

Io so' De Chirico dico in senso simbolico
c'ho un controllo diabolico quasi artistico del mio stato psicofisico
e se hai capito, mo' traducilo
e so' tenace perché alla gente piace
ma è evidente che con un coltello mi puoi fa' cambia' opinione
aho, so' testardo ma mica so' cojone
io so' de marmo ma tu m'hai sbriciolato
perché so' testardo fino al punto che so' sempre innamorato
pure se tu m'hai già scordato
- (e infatti l'hanno vista...) - m'hanno informato!

però se ancora un po' mi piaci la colpa è dei tuoi baci
che m'hanno preso l'anima de li mortacci tua

[Daniele Silvestri - "Testardo"]

Blogspot ...

… il blog da Lei visualizzato è al momento orfano del suo autore … invitiamo a riprovare tra un paio di giorni nelle speranza che il suddetto autore sia uscito dal pressante circolo vizioso studio-lavoro-studio-lavoro-studio-lavoro- ... hai capito!

Urgenza interiore ...

... baciarti!

Cogito ergo ...

Pensare non vuol dire agire! Che poi a voler fare i sofisticati l’atto del pensiero è già una grande azione. Un po’ come quando si dice “chi ben comincia è a metà dell’opera”, pensare è il buon inizio, la prima buona metà dell’atto dell’agire. Cioè, io compio un’azione che rappresenta il 100% dell’atto e in questo 100% ben il 50% è rappresentato dal pensiero. Si, mi sto incartando ma va bene così. Mi sembra di aver capito che posso annoverarmi tra quelle persone che si accorgono di quello che pensano mentre ne parlano. E allora mi lascio parlare.

Allora, dicevo. Pensiero e azione sono due atti distinti. Fino a prova contraria quando penso di fare una cosa non vuol dire che la sto facendo. Confondere questi due processi, non distinguendoli, ci impedisce di prendere bene in considerazione il terzo tassello dell’intero atto: la decisione; tassello che tra l’altro segna la distinzione tra persone ragionevoli e non.

Ricapitolando: se io penso di andare al mare non vuol dire che ci sto andando, perché prima devo prendere la decisione di andarci (sempre a voler fare i pignoli si potrebbe dire che una volta presa la decisione non è sicuro che poi la si compia … quante cose posso succedere nel frattempo … e questo mi sembra calzi molto per il mondo politico!). Se il pensiero è un atto anche intuitivo, anche automatico, vuol dire che non è ragionato (il pensiero è la cellula fondamentale del ragionamento, se prima non si è pensato a qualcosa su cosa cavolo si pretende di fare un ragionamento?!); mentre l’atto decisionale si spera che per la maggior parte sia frutto di un ragionamento (la decisione non è frutto di un singolo pensiero ma di un intero ragionamento).

Se una persona mi dice “sto pensando di andare al mare” e io penso che sia già lì allora probabilmente le sto riconoscendo l’incapacità di prendere una decisione, oppure non le sto dando il diritto di farlo.

U.C.A.F.

Ovvero: Ufficio Complicazione Affari Semplici. Nasce dal presupposto che per risolvere un problema non è utile andare a toccarne la causa ma invece è necessario attaccarne uno dei sintomi. Se non bastasse, per i più masochisti, possiamo dire che spesso la misura adottata per eliminare il sintomo risponde ad una esigenza che non ha niente a che fare con il sintomo stesso.

Quindi l’esistenza del bullismo viene contrastata con l’istituzione di una task-force e l’emergenza dell’immondizia in Campania viene risolta con la costruzione o l’ampliamento di discariche. In pratica è come se uno ha un tumore e invece di operarsi per asportarlo si prende soltanto gli antibiotici per curare di volta in volta i sintomi dipendenti dalla presenza del tumore. Il tumore sta bene dove sta, è meglio che passo il resto della vita a curare la febbre che mi causa! Una volta smaltita tutta quell’immondizia che ce ne faremo di tutti quei siti? Una volta che le forze dell’ordine entreranno nelle scuole come faremo a dire ai ragazzi che la scuola è un posto dove poter tranquillamente fare le proprie scoperte nella relazione con i pari?

Quello che non si intravede nella superficialità delle soluzioni proposte è uno sguardo oltre l’orizzonte che quanto meno darebbe una parvenza di senso. Nell’UCAF vive la pretesa di risolvere grandi problemi con piccole misure, superficiali e istantanee, quando invece la misura dovrebbe essere proporzionata alla dimensione del problema; anzi, poiché l’esistenza del problema denota un essere arrivati troppo tardi, direi che la misura correttiva deve essere anche più grande e più complessa.

Un bullo non è solo un bullo. È una famiglia, è un gruppo di amici, è una scuola, è una città, è una televisione, è un computer, … non è una task-force. Sti ragazzi non sanno neanche quello che fanno e noi gli mettiamo davanti la polizia quando invece prima c’erano maestre con le righe in mano e genitori con le “cucchiarelle” e con le “chiavi di casa”.

I problemi ci siamo rassegnati a non risolverli. Gonfiamo le inezie nella pretesa di far credere che una volta tolta l’immondizia, eliminati i bulli dalle scuole, sgomberati i campi rom, allora si che saremo una grande nazione!

Teoria del "Si, ma non basta!"

Ci vorrebbe che la famiglia ritrovi un ruolo educativo che odori di antichi valori. Con dei genitori presenti ai loro figli muniti di un bagaglio di autorevolezza non comprata, non mediata, non frutto di compromessi, ma autentica, rispettosa, benevola, indicatrice.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe una scuola che guardi anche oltre il voto; che guardi i visi dei ragazzi e attraverso di essi scoprirne e valorizzarne le diversità, le potenzialità e il vissuto; che sappia riscoprirsi privilegiato luogo di relazioni per i figli che mettono per la prima volta i piedi fuori dalla famiglia e anche per quelli che dei loro pari ne erigono statue e ne fanno degli idoli; una specie di Don Milani adattato a 35 ore settimanali per 210 giorni lavorativi all'anno.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe una televisione meno superficiale che sappia dire qualcosa di vero e sincero sul mondo e su noi stessi senza la presunzione di erigersi a esempio e testimonianza.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe una politica meno immaginaria e più sostanziosa dove chi è di destra dice e fa cose di destra e chi è di sinistra dice e fa cose di sinistra, senza confondersi troppo tra quello che è personale e quello che è per il bene comune; partiti che ritrovino un loro spirito di militanza non secondo la regola dello stare contro ma secondo la coltivazione di valori civili audaci.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbe un mondo che non dia la sensazione di infinito e che sappia gestire il suo essere complesso; che riesca a mantenere un equilibrio che è poi quello insito allo spirito di sopravvivenza dei suoi inquilini; che ogni tanto si osservi bene, ma veramente bene, dall’alto e scoprire che guardandoci dallo spazio tutti i continenti sono più vicini, legati e dipendenti l’uno dall’altro, di quanto ce ne rendiamo conto da quaggiù.
Si, ma non basta …

Ci vorrebbero gli alieni che un bel giorno decidano di venire a farci visita e ci portino il loro speciale punto di vista: “Svegliatevi perché da qualche parte bisogna pur cominciare!”.
Anche quel giorno ci sarà il bradipo di turno che risponderà … si, ma non basta!

Ralph Ellison

Io sono un uomo invisibile. No, non sono uno spettro, come quelli che ossessionavano Edgar Allan Poe; e non sono neppure uno di quegli ectoplasmi dei film di Hollywood. Sono un uomo che ha consistenza, di carne e di ossa, fibre e umori, e si può persino dire che possegga un cervello. Sono invisibile semplicemente perchè la gente si rifiuta di vedermi: capito?
Come le teste prive di corpo che qualche volta si vedono nei baracconi da fiera, io mi trovo come circondato da specchi deformanti di durissimo vetro. Quando gli altri si avvicinano, vedono solo quello che mi sta intorno o se stessi, o delle invenzioni della loro fantasia, ogni e qualsiasi cosa, insomma, tranne me.
(tratto da "Uomo invisibile")

L'amore trasparente

L'amore trasparente non so cosa sia
mi sei apparsa in sogno e non mi hai detto niente
ti ho dormito accanto e mi hai lasciato andare
sarà anche il gioco della vita ... ma che dolore!

(Ivano Fossati)

Altruismo or not Altruismo!?

Nei commenti a questo articolo su u-press si è finiti a parlare di altruismo (per inciso io sono ulisse).

A me piace parlare di atteggiamenti che risultano naturali, cioè insiti nella natura dell’uomo, e non naturali. Specifico che per “naturali” non intendo dire né giusti, né condivisibili, né giustificabili … semplicemente naturali.

Pensare a se stessi è una cosa naturale? Certamente si. Nonostante frasi del tipo “pensa solo a se stesso” sono capaci di rendere accettabile o meno una persona, c’è da dire invece che se non avessimo in noi un istinto alla conservazione, alla ricerca del benessere per se stessi, non faremmo niente di tutto quello che facciamo, sia nel bene che nel male.

Si può dire che l’altruista pensa a se stesso? Certamente si. Per capirlo si tratta di fare i conti con le proprie emozioni: una persona emotivamente altruista si sentirebbe meglio se facesse l’egoista, cioè se pensasse solo a se stesso (nell’accezione comune)? Certamente no. Quindi non può non fare l’altruista. Ognuno di noi starebbe meglio se facesse delle cose che vanno contro la propria personalità e sensibilità? Certamente no. Ognuno di noi non può non essere se stesso.

Un altruista non riconoscerà mai, e non gli verrà mai riconosciuto dagli altri, che quando aiuta gli altri lo fa per aiutare se stesso a stare bene. Questo semplicemente perché per il senso comune chi pensa a se stesso, chi pensa al proprio bene, è notoriamente una persona da additare, non affidabile.

Le persone non cambiano. Possono smettere di fumare, passare dal caffè con zucchero a caffè amaro, ma non possono cambiare il proprio bagaglio psichico fondante. Possono limare in superficie ma non possono modificare la morfologia del fondo. E se le persone non cambiano allora non cambiano neanche le relazioni. Non ci credo che si possa passare dall’amare una persona all’odiarla. Anche qui il cambiamento possibile si riduce alla superficie, probabilmente solo al visibile. Le persone e le loro relazioni piuttosto si adattano ma non cambiano.

Lasciarsi andare

che bello avere davanti una persona che ti racconta qualcosa
con il trasporto e la gioia che è come se fosse ancora lì
ascolti le parole guardi gli occhi osservi i gesti e ti lasci andare
viaggi in posti dove non sei mai stato
incontri persone che non hai mai visto
è come se il suo viso si modella sull'immagine
è il tentativo che le emozioni fanno di venire alla luce e disporsi alla tua portata
è lo sforzo di sintonizzarsi su una comune sensazione

quando una persona ha voglia di donarti un racconto
non dovrebbe essere interrotta per niente al mondo

Dubbi amletici parte seconda ... e forse ultima!

Da "La leggenda del pianista sull'oceano", splendido film di Giuseppe Tornatore con le musiche di Ennio Morricone, tratto dall'ancor più splendido libro di Alessandro Baricco "Novecento". Assolutamente da leggere e vedere!

“Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine. La fine. Per cortesia, si potrebbe vedere la fine?! Era tutto molto bello su quella scaletta e io ero grande, con quel bel cappotto. Facevo il mio figurone e non avevo dubbi che sarei sceso. Non c’era problema. Non è quello che vidi che mi fermò … è quello che non vidi. Puoi capirlo? Quello che non vidi. In tutta quella sterminata città c’era tutto tranne la fine. C’era tutto ma non c’era una fine. Quello che non vidi è dove finiva tutto quello. […]
Tu pensa un pianoforte. I tasti iniziano, i tasti finiscono. Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro, tu sei infinito. E dentro quegli 88 tasti la musica che puoi fare è infinita. Questo a me piace. In questo posso vivere. Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai … e questa è la verità, che non finiscono mai … quella tastiera è infinita. Ma se quella tastiera è infinita allora su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato. Quello è il pianoforte su cui suona Dio. […]
Cristo ma le vedevi le strade? Anche soltanto le strade ce n’erano a migliaia. Ma dimmelo come fate voi altri laggiù a sceglierne una. A scegliere una donna, una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare […]
Tutto quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è. Ma non avete paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla quella enormità … solo a pensarla, a viverla."

Semplicemente splendido!

Dubbi amletici parte prima ... forse!

“Su google, se cerchi bene, ci trovi anche Dio” … è solo una battuta (anche se sarebbe interessante trovarcelo davvero!) però a pensarci bene la ricerca sul web da un po’ l’idea di uno spazio infinito. Scrivi una parola e vengono fuori centinaia di pagine da dover aprire, cui dare un’occhiata, perché poi scartarne una ti lascia sempre la sensazione di esserti perso un pezzetto di potenziale conoscenza intelligente!
Comunque sia è veramente un servizio fantastico e forse anche un po’ di moda e quindi succede che non c’è portale, sito, blog, che al suo interno non abbia in un angolino la magica parola “search”. E poi di motori di ricerca ce ne sono davvero tanti … e grazie ad una mia amica eccone un paio di stampo filantropo: Ecocho (ha anche la versione in nero!) e CercaInNero (made in italy!).

Finisce che il mondo della ricerca sul web diventa immenso e finisce che io ci penso un po’ e mi viene da dire che questa crescita esponenziale rientra in un meccanismo generale: quando uno strumento va bene succede sempre che sull’onda dell’emozione cresce troppo e si finisce per non capircisi più niente. Questo processo lo definirei nei soliti termini amletici: è nata prima la gallina o prima l’uovo? No perché ad un certo punto ci si ritrova sempre da una parte con un continuo ampliamento dello strumento e dall’altra con un altrettanto continuo aumento della difficoltà di usufruirne al meglio. Cosa a provocato cosa? No perchè succederebbe un casino se dovessimo cominciare a pensare che il principio di causa-effetto non è più di successione!

Ad una più o meno cronicizzata diminuzione delle capacità di scelta sulla propria vita si risponde con un esponenziale ampliamento delle possibilità di scelta (come fanno i neo diplomati oggi a scegliere un corso universitario?!) … cioè più tu non sei capace di fare scelte, prendere decisioni, e più io ti srotolo davanti svariate possibilità di scelta. Oppure hanno prima srotolato le scelte e poi è venuta meno la capacità di buttarcisi dentro … oppure gli stessi che non riescono a scegliere si sono inventati altre possibilità da poter non scegliere, oppure lo hanno fatto per poter dire “come si fa a prendere una decisione in tutto questo casino?!” … in tutto questo intravedo un conflitto di interessi.

Insomma, come ho detto prima, è la solita storia della gallina e dell’uovo, con annessa eterna rivendicazione di primogenitura; ovviamente rivendicazione da parte di terzi perché di solito la gallina e l’uovo sono spettatori/partecipanti paganti (e anche molto direi).

Occhi

Ci sono occhi che raccontano emozioni
lucenti e spalancati
vengono presto sottolineati dalle labbra
che si allungano mostrando un riso
che leggermente gonfia le guance

Occhi che nascondo una urgenza interiore
in un preciso istante riportata a galla
stimolata da immagini e suoni
trasformata in emozioni e parole

Attraverso quegli occhi risalire la corrente
come un salmone saltando fuori e dentro dal flusso
fino ad accarezzare l'intima possibilità in più per capirsi

Lectio magistralis!

Leo Tolstoy

Ho vissuto molto e ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici. Una vita tranquilla, appartata, in campagna, con la possibilità di essere utile alle persone che si lasciano aiutare e che non sono abituate a ricevere. E un lavoro che si spera possa essere di una qualche utilità. E poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. E poi, al di sopra di tutto, tu per compagna e dei figli forse. Cosa può chiedere di più il cuore di un uomo.

ME ... ma non troppo

Siete capitati in un posto senza tempo. Quello che potete leggere in queste righe non ha riferimenti temporali riconoscibili; i post non sono datati e volutamente non è mai scontato che possano riferirsi a fatti e persone attuali.

Non ho mai voluto metterci troppo Luca dentro e ricerco sempre la quantità minima di parole adatte a descrivermi. Il fatto è che non sono io l'argomento di questo blog e per questo non è un posto di sfogo e poi perchè sono ancora legato all'idea che le relazioni significative (a dir la verità le uniche che ricerco costantemente) non possono essere giocate in uno spazio che non sia di contatto umano ricercato, custodito e curato.

Davanti una buona birra in un locale non con quella musica che cancella ogni possibilità di distinguere cosa sta cercando di dirti la persona che è seduta a 20cm da te, ma con un sottofondo di Janis Joplin o di quel pazzo di Giovanni Allevi ... ... in uno di quei cinema dove c'è ancora la scritta "attualità" e tra il primo e secondo tempo c'è il tempo di uscire a fumare e che in sala non c'è quell'atroce odore di fritto di pop-corn e che quando finisce il film resti seduto ad ascoltare la colonna sonora e a leggere i titoli di coda che sono sempre un tributo al lavoro e alle idee di qualcuno ... ... davanti a quella cosa fantastica che si chiama camino che non ho mai capito come fa ti ruba gli occhi e non riesci a fare altro che fissare il fuoco che poi se è inverno e sei sul divano con una coperta addosso diventa il paradiso terrestre ... ... a casa con qualcuno che ti è passato a trovare senza particolari motivi ma per il semplice fatto di scambiare due chiacchiere e rivedersi, non perdersi di vista, e magari buttare lì una cenetta improvvisata pur di stare ancora un pò insieme, o anche un caffè che non ci sta mai male, oppure quando passi tu e capita quella volta che quella persona ti manda a cagare perchè è impegnata ma che poi ti chiama quando ha finito ... ...

Probabilmente il segreto sta proprio nell'imprevedibilità, in quei gesti e parole che non ti aspetti che ti facciano felice che dopo un attimo pensi "questa persona non posso lasciarmela scappare". Un attimo di stupore che segna il passaggio tra l'indifferenza e l'interesse.

Fotografare

Mi piacerebbe saper fotografare. Imprimere in un’istantanea un’immagine significativa per avere l’occasione di non dimenticarla mai.

Mi piacerebbe avere sempre con me uno strumento per non dimenticare le impressioni e le sensazioni che la mia retina troppo presto deforma e dimentica. Conservare per sempre con me una manciata di pixel che sappiano ricordarmi limpidamente...

Mi piacerebbe anche che qualcuno a me vicino sapesse farlo. Per poter capire meglio come mi vede. Per potermi guardare con i suoi occhi.

Mi piacerebbe saper fotografare. E regalare a chi amo i loro ritratti, fatti dai miei occhi.

ON AIR now

Non servirà spiegarmi che il tempo non da il resto mai
Non servirà pregarmi se il cielo non da spazio ormai

È così che va via un po’ di noi
È così che se ne va
Senza tante parole senza fare più rumore, quel po’ di noi
E se ne va e non lascia più l’odore quel po’ di noi

Ti servirà cercarmi se il tempo chiede il resto poi
A te che non hai pianto mai e il tempo per il resto vuoi

È così e va via un po’ di noi
È così che se ne va
Senza tante parole senza fare più rumore, quel po’ di noi
E se ne va e non lascia più l’odore e nemmeno le parole quel po’ di noi

Ed è così che se ne va
È così che se ne va
È così che se ne va
È così che non tornerà

Tempo di noi

Ciò che stiamo vivendo non è come quando si è innamorati, è una cosa nuova ... è come se abbiamo scoperto che anche senza essere innamorati, o senza amarsi nel senso classico, esiste un territorio fatto di emozioni e scoperte che si possono vivere, condividere e donare.
Lì dove diventa difficile dirsi l'intimo ma si percecisce la sua estrema vicinanza, quasi a toccarlo, aprirlo, esplorarlo e ritrovarsi in esso vicini più che mai.
Ci si cerca e spesso ci si trova.
Senza sporcarsi troppo.
Evitare di non ritrovare la strada per tornare indietro.
Un gioco perverso ed eccitante.
Riempie il tempo di noi.
Un passo in avanti e poi ...

Il tecnicamente "stronzo"!

Post un pò lungo ... ma meritevole di esser letto tutto d'un fiato!

"Ci sono argomenti seri che la trattatistica accademica ha reso talmente noiosi da essere quasi impraticabili. O, al più, conditi da una tale dose di sottile retorica da rendere inevitabile l'assopirsi di ogni contrasto.
Quello del bastardo aziendale (lo "stronzo" della locuzione corrente "fuori onda") è parte di questo universo di buone maniere alla camomilla, in cui la ritrosia è direttamente proporzionale all'accumulo delle ipocrisie di qualità, favorite da decenni di governance fintamente normata.


Nella realtà, ciò che avviene è quasi sempre il seguente.
Chi scala gli organigrammi, più per ambizione che per merito, acquisisce la radicata convinzione di non dovere niente a nessuno, con la derivata inevitabile di potersi permettere ogni forma di rivalsa sui malcapitati che non hanno il suo passo nè le sue voglie.
Chi perde, o chi ha deciso di non concorrere perchè ha altri interessi o perchè la sua vita corre da altre parti, troverà sempre sulla sua strada chi si intigna a fargli pagare la colpa di essere così "fuori norma".

Gli "stronzi" hanno questo di bello, che li annusi al primo colpo e non ti sbagli quasi mai. Il guaio è che pensi, una volta conosciuti, di poterli anche controllare; e invece è proprio qui che ti sbagli: alla stronzaggine, infatti, non c'è mai limite.
Lo "stronzo" è tecnicamente "irredimibile".

[...]

Qui il dramma si fa serio, perchè un bastardo d'annata è capace di rovinarti la vita anche se tu fai l'indifferente. E non c'è nessuna procedura organizzativa che preveda la neutralizzazione degli "stronzi".

Sarebbe bello poter emanare un editto con il decalogo dello "stronzo" perfetto: quello da bandire dalle nostre vite. Ma sarebbe anche pericoloso; perchè poi un qualche residuo lo troveremmo disperso qua e là, anche in quelli che proprio "stronzi" non sono e, perchè no, fors'anche in noi stessi.
Meglio concentrare le qualità attitudinali e attribuirle senza divagazioni: un vero "stronzo" è pur sempre un buon capro espiatorio per un organismo che voglia sentirsi incolpevole, avendo sempre qualcuno su cui scaricare le negatività di tutti, "ad maiorem dei gloriam".

Il vero metodo "antistronzi", per quanto possa sembrare paradossale, è di non privarsi mai della presenza di qualche esemplare della categoria."

(Pier Luigi Celli)

Senza stupirci ancora ...


Oggi

"E' così terribile vivere circondato dal malanimo, avere sempre paura, essere sempre sul chi vive, sempre armato, è così terribile punire - si fanno ingiustizie anche senza volerlo -, così terribile dubitare, vedere ovunque tranelli, non mangiare tranquilli, non trovare riposo nel sonno, pensare sempre, anche negli attimi di tregua: "Ah mio Dio, che cosa mi faranno adesso?"
(Alphonse Daudet)

Questi giovani d'oggi!!!

Si parlava di tratti e problematiche della gioventù odierna.
Come al solito: mancanza di valori, incapacità di dialogo e relazione.

Dal punto di vista dell'adulto è difficile guardare i giovani di oggi mettendo da parte il mondo valoriale con il quale a sua volta è stato educato e quindi nel quale è vissuto. Dire che oggi c'è una forte mancanza di valori nella gioventù è forse la conseguenza di questa difficoltà. Se si prende troppo sul serio l'educazione ricevuta non si riesce a profetizzare l'educazione da fornire e a comprendere quale sia quella da intraprendere oggi (forse ho scritto due opzioni uguali!!!:)).

In pratica, per noi che abbiamo vissuto l’adolescenza senza il cellulare e senza le chat dobbiamo fare un grande sforzo per non cadere nella denigrazione dei valori adolescenziali di oggi, i quali invece hanno nel cellulare una protesi delle mani! Noi a quindici anni dovevamo telefonare a casa dell'amico per parlarci (nessuno aveva il cellulare) con il rischio normale di non trovarcelo perchè era uscito; quindi bisognava richiamare o lasciar detto se poteva richiamare lui ... lui quando richiamava aveva anch'egli il rischio di non trovarci in casa. Insomma, in un certo senso era tutto più complicato ma proprio per questo richiedeva negli adolescenti una forza interiore che era dovuta all'amicizia che si provava per quella determinata persona. L'amicizia si viveva con una profondità forse maggiore. Oggi la comunicazione tra persone è più istantanea: non c'è bisogno di uscire per parlare con un amico e quando si esce si sa esattamente dove e quando poter incontrare quella determinata persona.

Mi pare allora ovvio che, se da una parte si riconosce che sono cambiati gli strumenti, bisogna anche riconoscere che il loro largo uso porta ad una gamma di valori modificata e non alla sua scomparsa; non si può dire che oggi non si ha più il valore dell'amicizia ma piuttosto si può dire che l'amicizia, così come era intesa anni fa deve essere ridefinita e quindi intesa per certi aspetti in modo diverso. Non è possibile introdurre con forza nuovi strumenti (alcune volte più funzionali agli educatori che agli educandi) pretendendo che questi non cambino le cose: botte piena e moglie ubriaca?! Neanche per sogno! Ai giovani di oggi gliene diciamo di tutti i colori e questo è da incoscienti … uno dei rischi è che a forza di sentirselo dire poi ci credono anche loro, con tutto quello che di negativo può portare questa acquisizione.

Fare questo passaggio è importante altrimenti si potrebbe arrivare a dire che nel sistema relazionale attuale non c'è necessità di avere un determinato bagaglio di valori, cosa che invece non è vera.

Trasportato ...

il tuo profumo sulle lenzuola
mi accompagna leggero nella notte
ricordo di te che si fa sensibile
ti sento dentro e tu non cerchi di uscire
intrappolata e fuggevole

ho bisogno di te … sono strani giorni
nascondo tutto nelle vene
ritrovandomi a benedire la tua assenza
e a sperare in un’altra occasione

cerco le tue mani
riesco a stento a trattenere la voglia di afferrarle
di sentirne il calore ora più che mai
trovare il coraggio di fidarmi delle tue carezze
di aggredire la tua lontananza

mi lascio sedurre dalle tue manie

Yes we can? Si può fare? ... e allora daje!!!

Senza entrare nel merito dei messaggi cerchiamo comunque di prepararci … la prossima volta che ci saranno delle elezioni politiche (speriamo il più tardi possibile!) saremo invasi da questo tipo di comunicazione!

http://it.youtube.com/watch?v=jjXyqcx-mYY
Musica e video sono di Will I Am (dei The Black Eyed Peas) sul testo del discorso di Barack Obama "Yes we can".

http://it.youtube.com/watch?v=ghSJsEVf0pU
Stessa situazione del video di sopra, solo che questo non riprende testualmente le parole di un discorso intero di Obama. Se non sbaglio questo è il primo della saga "videoclip per il sostentamento del politico".

http://it.youtube.com/watch?v=CjGtwJUQq-I
Ed è qui che volevo arrivare ed è questo video che mi ha fatto pensare a quanto scritto all'inizio del post. Ispirato ai video realizzati negli States per Obama, questo è stato creato da otto giovani professionisti della comunicazione per supportare il nostro Valter Veltroni.

http://it.youtube.com/watch?v=3gwqEneBKUs&feature=related
Ma la cosa più interessante sta in questo video ... immagino se a qualcuno venisse in mente di farne uno così in "onore" di Silvio Berlusconi! Io voto per gli otto giovani comunicativi ... :)

60 minuti

Saputo con un attimo di ritardo ... per partecipare ma non per diffondere.


"Spesso iniziative del genere fanno presto ad essere accantonate. Stupiscono ma non educano le coscienze. Eppure nell'era della comunicazione ci piace essere continuamente sorpresi: sono i cartelloni luminosi e le dimostrazioni sfolgoranti a lasciare il segno. Chissà se la paura di restare senza le luci del palcoscenico riesca a fare molto di più di uno spot in grande stile."
[Federica Vagnozzi su Underpress.it]


Ho rubato (spero mi perdonerà!?) il testo di una mia amica per cominciare a parlare di questa iniziativa australiana e mondiale perchè la frase finale mi sembra sposti l'attenzione del solito luogo comune, "non possiamo trattare così la Terra perchè cosa lasceremo altrimenti ai nostri figli!?", verso un punto secondo me più reale: la paura dei grandi di rimanere senza il giocattolo! Far capire ai "grandi" che a forza di giocarci potrebbero rimanere senza il giocattolo probabilmente è più utile che dirgli che a forza di giocarci loro rischiano di lasciare ai figli una ludoteca dismessa. Affermare questo presuppone prima pensare che agli adulti non gli interessa poi così tanto del futuro dei propri figli, o che forse gli interessa di più il proprio presente, e mi rendo conto che non è proprio un pensiero che mia nonna condividerebbe ... ma spero che presto io venga raggiunto da una illuminazione divina che me lo tolga dalla testa!

La giornata di sabato deve essere stata uno spettacolo enorme ad averla vista dallo spazio. Dall'Australia all'America, in centinaia di città sparse per il globo; alle ore 20 si sono spente per un'ora le illuminazioni di monumenti, palazzi, case, strade, ... come in una staffetta mondiale. Mano a mano che la Terra ruotava verso la notte c'era da qualche parte una luce che si spegneva e una che si riaccendeva.

Questo è il frutto di una iniziativa tutta australiana: Earth Hour. Nel sito ci sono le foto inviate dagli utenti di tutto il mondo e soprattutto ci sono indicazioni utili per il risparmio di energia nei luoghi pubblici e privati. E poi c'è il video che ho inserito qui sotto che promuove l'iniziativa. L'ho inserito direttamente nel post perchè quando l'ho visto, e all'inizio ho letto "How can we inspire people to take action on climate change?" ... ho pensato che non potevo non farlo.







Andò stò?!?!

Tra un paio di settimane si andrà al voto ... almeno per cercare di non doverci ritornare entro due anni!!!
Qualcuno è ancora indeciso su chi votare?
Allora aiutiamolo ...

Elezioni 2008. Io sono qui. E tu dove sei?

Le parole del segreto

"Le parole non colgono il significato segreto, tutto appare sempre un pò diverso quando lo si esprime, un pò falsato, un pò sciocco, si, e questo è bene e mi piace moltissimo, anche con questo sono perfettamente d'accordo, che ciò che è tesoro e saggezza d'un uomo suoni sempre un pò sciocco alle orecchie degli altri."

Hermann Hesse - "Siddharta"

Dove abita l'integrazione

Domenica sera ho visto “La passione” con due musulmani. Certo, il particolare non sta nell’aver passato con loro una serata davanti la televisione (in questi mesi Colorado Cafè è stato un appuntamento fisso!) ma nell’essere stata per me una serata televisiva decisamente diversa dal solito.

Si può dire che aver visto insieme la passione di Gesù in televisione sia un segnale di integrazione? Neanche per sogno. O per lo meno non basta. Un piccolo segnale potrebbe invece essere questo: il loro interesse nel capire alcuni particolari di quello che stavano guardando, il loro rispetto nel non disturbare la mia visione, il fatto che nel sentirmi raccontare alcuni particolari della storia di Gesù non hanno pensato che io lo stessi facendo per paragonarlo al loro Maometto. Ecco, l’integrazione funziona come tutti gli altri rapporti di convivenza: non si ottiene soltanto vivendo insieme nello stesso posto (essere vicini di casa, andare a comprare nei loro negozi, fare sport o essere a scuola con loro, non significa necessariamente essere integrati) o sapendo la vita dell’altro, ma la si ottiene vivendo con l’altro la “quotidianità” fatta di cibo, spazi proprio e spazi comuni, scuola, lavoro, conflitti emotivi. In questa situazione parlare delle proprie differenze culturali può aiutare ma il punto fondamentale sta nell’affrontarsi e capirsi sul piano delle emozioni, sentimenti, pregiudizi, paure. Un ragazzo che si arrabbia perché pensa che tu ce l’hai con lui perché lui è straniero non è una questione di differenze culturali o religiose, ma di sentimenti e pregiudizi e probabilmente il concetto di integrazione va a braccetto con quello di fiducia. Dopodiché si fa interessante ascoltare i due ragazzi musulmani che ti spiegano come Gesù è inserito nella loro religione (loro lo pregano!) e come il popolo israeliano è visto nel loro paese.

La società crea molte costruzioni mentali sugli stranieri, di solito sono delle barricate, e lo fa per difendersi, per autoregolarsi e non dover cambiare troppo. Togliendo di mezzo queste barricate (di solito innalzate nel nome della differenza culturale e religiosa), o per lo meno non facendone dei punti fondamentali, si scopre che sono persone come noi: portatori di emozioni, di valori e di conoscenza, sia nel bene che nel male … proprio come lo siano tutti noi.

Per forza a Pechino?


Probabilmente non c'è niente di peggio che dei comunisti
che vogliono fare del capitalismo...

Si è accesa una lampadina?

Oggi la questione formativa, in particolare quella scolastica, ha fatto finalmente la sua comparsa in campagna elettorale! Certo, nei soliti programmi elettorari più o meno c'è sempre stata ma poi, durante i dibattiti e gli interventi dei politici, è altrettanto solitamente scomparsa.

Oggi ne ha parlato Veltroni e se andiamo a vedere il suo programma non mi sembra strano che lo abbia fatto. Da Asti ha detto: "La scuola è il 'grande scomparso' di questa campagna elettorale, ma è il destino del Paese a richiamare l'attenzione sulla questione scuola perché non c'è un Paese che funziona senza un sistema formativo adeguato". Per questo il leader del Pd ribadisce la necessità di investire sul ruolo dei formatori. "Oggi il ruolo formativo degli insegnanti è diventato strategico per il futuro dei ragazzi per questo sono necessarie formazione, retribuzione, stabilità. Io vorrei che un insegnante che si prende in carico un ragazzo al primo anno, lo prendesse in carico fino a quando non esce dalla scuola, in quinta elementare, in terza media o al liceo fino alla maturità. C'è bisogno di continuità didattica". Per il leader del Pd è dunque necessaria "una scuola plasmata attorno ad un'idea di autonomia didattica ma il centro di tutto deve essere l'insegnante, la sua responsabilizzazione e la sua formazione".

Mettendo un attimo da parte l'analisi delle singole proposte provoca in me un certo piacere, e un pizzico di speranza, sapere che nel sistema politico odierno c'è qualcuno che parla di scuola e che pone la formazione nel ruolo strategico di pietra angolare della crescita e del buon funzionamento della società.

Tanto per non risultare troppo scorretto vi invito ad andare a leggere il programma del PDL ... anche se non ci troverete praticamente niente riguardo al tema della scuola, nè tantomeno riguardo al tema della formazione in genere ... e non perchè è graficamente più corto!

Give me five

Con un semplice gesto puoi trasformare la tua dichiarazione dei redditi in un'azione di solidarietà a favore delle attività di accoglienza, sensibilizzazione e formazione dell'Associazione Murialdo di Viterbo.

Decidendo di destinare il 5xmille a questa associazione decidi di sostenere le attività pomeridiane del Centro Aperto (30 ragazzi), le due Case Famiglia (progetti residenziali e diurni) e i progetti di affido.

Firma la dichiarazione dei redditi (CUD, 730 e Modello Unico) nello spazio "sostegno del volontariato, delle Organizzazione Non Lucrative di Utilità Sociale" e indica nella riga sottostante il codice fiscale 90028280569.

Diventeremo ciechi!?

Nel 2006 si è tenuto in toscana il Roverway2006, evento europeo organizzato dalle due organizzazioni mondiali dello scoutismo e del guidismo (WOSM e WAGGGS) e rivolto ai giovani 16/22 anni. Nell’ambito di questa manifestazione è stata condotta una ricerca, sostenuta dalla Provincia di Firenze e realizzata dall’Istituto degli Innocenti fiorentino, su un campione di 2522 partecipanti provenienti da 25 paesi europei. I risultati della ricerca sono stati presentati lo scorso 15 marzo nella sede della Provincia di Firenze.

Nello specifico della sezione “Etica e legalità” (una delle sei sezioni del questionario):
- Oltre 90% accetta il sesso prematrimoniale;
- Più del 42% non esclude di poter far sesso con una persona sposata;
- Il 39% non esclude di poter abortire.

Nel comunicato sono interpretati come “apertura alla trasgressione” e finalmente, per me, c'è un allineamento agli atteggiamenti della cultura contemporanea … nel senso che non vengono fatte distinzioni religiose nel mondo giovanile. Prima o poi ci si renderà conto che, soprattutto nel mondo giovanile, non è possibile pensare che un giovane credente sia poi così tanto diverso negli atteggiamenti da uno che non lo è.

E allora, piuttosto che ricominciare con le moralizzazioni fuori luogo bisognerebbe ad un certo punto soltanto prendere atto della realtà e cercare di trovare parole nuove e attuali. Così fa da tempo il Cardinale Tettamanzi, arcivescovo di Milano (diocesi da sempre fulcro di un cattolicesimo democratico molto spesso lontano dalle intransigenze vaticane), che sul tema del sesso interviene così, rivolgendosi ai giovani della sua diocesi: «La dimensione affettiva e sessuale della vostra esistenza - spiega - corre il rischio, oggi più che mai, di essere interpretata e vissuta in modo errato e ingiusto: impostata cioè sull’istintività, sul “fanno tutti cosi”, sulla scusa che “tanto non faccio male a nessuno”, sul criterio che “più esperienze si fanno e più si matura” […] L’impostazione giusta - spiega - è quella di saper pensare, discernere distinguendo il bene dal male, rispettare profondamente la dignità e la libertà dell’altro, avere un cuore ricco di amore autentico, vivere con limpidità e coerenza tutto ciò che si riferisce alla sessualità e all’amore». Queste non sono parole di chiusura ... in queste righe non c'è neanche un "NO"!

Richiamare i giovani ad un'attenzione particolare, aiutandoli a vedere quali possono essere i rischi e invitandoli a saper pensare e a discernere. Lasciarli andare standogli dietro.

Il futuro siete voi!

“Il futuro siete voi” … questa è la frase che va per la maggiore … state sicuri che se pronunciate queste parole davanti ad una platea di giovani avrete assicurata la standing ovation. Ma chi prende in giro chi? Chi delega chi? Gli adulti relegano in questo modo il protagonismo dei giovani ad un futuro che gli adulti stessi assicurano ma che non sono capaci di prevedere, né tantomeno hanno interesse di assicurare. I giovani, da parte loro, confermano inconsapevolmente(?) l’idea che non hanno un presente nella responsabilità sociale ma che questo impegno viene rimandato al giorno dopo.

Nel presente ci siamo tutti: adulti, giovani, fanciulli, famiglie, single, religiosi, ecc… e se ci siamo tutti allora tutti siamo chiamati a vivere il proprio ruolo e, ancora, se ci siamo tutti allora è nei confronti di tutti che c’è bisogno di rivolgere il proprio pensiero e la propria attenzione. Nel dire ai giovani che il futuro è loro, implicitamente gli si dice che non hanno parte in questo presente e che quindi devono farsi da parte. Una volta che viene culturalizzato questo concetto allora siamo tutti liberi di chiamare i nostri giovani “bamboccioni” … ma la verità è che i giovani, oggi come oggi, sono la miglior risorsa che la nostra società possa avere a disposizione e questa risorsa si concretizza nell’istituzione scolastica ed universitaria, nelle quali, sarà un caso, nessun programma politico ha voglia di investire il proprio maggior impegno.

Il sapore dell'educare

E quando parlerai di educare non dimenticare che l'educare è sempre all'autonomia. Perchè, come per ogni essere vivente, educare è far crescere sulle proprie radici.
E non dimenticare neppure che l'educare sarà sempre alla libertà.
Educare è indicare una strada, mostrare dei punti di riferimento e lasciar partire ... è, da parte tua, lasciar cadere l'illusione che sarà la medesima strada percorsa da te.
Come un gabbiano, educare sarà dargli delle energie, del coraggio e lasciarlo nel cielo. E non sarai il solo ad educarlo, perchè l'aria e il suo coraggio, lassù, sosterranno il volo.
Non potrai formare degli essere liberi se non dando della libertà, e solamente vivendo il rischio della responsabilità, ne farai dei responsabili.
Stare in piedi, camminare ... aprire bocca, esprimersi ... saranno queste per un bambino le esperienze necessarie per diventare, pure lui, uomo come te. Ma qui riconoscerai domani anche il suo valore di adulto: la solidità di stare in piedi da solo, una parola aperta che non si nutre di ambiguità.

Educare è educare alla differenza e il primo a comprenderla sarai proprio tu: come una madre vedrai l'altro diventare grande e, ogni giorno di più, allontanarsi da te, differente.
Educare sarà accompagnarlo per mano, ma poi, seguirlo da lontano con lo sguardo ... sarà farsi vicino, per poi porre tra di voi una distanza che, tuttavia, vi legherà diversamente e per sempre.

Educare è costruire un uomo ...
è aiutarlo ad amare ciò che è differente piuttosto che averne paura, perchè sarà qui, tra le differenze, che vivrete la vostra vita di uomini. E il diverso vi interpellerà e vi farà avanzare, mentre il simile non farà che consolidare ciò che già siete.
Educare è trasmettere un sapere o una tradizione, per veder sorgere da essa una creatività nuova e diversa: l'avvenire in questo modo, prenderà forza in ciò che oggi tu saprai dare ... ma, la libertà di essere differente resterà la tua lezione più grande.

Sad ending

Ciao ragazzo, buona fortuna.
Spero che tu riesca a trovare una strada che sia la tua ... che tu riesca a sentirtela addosso un pò come l'eterna tuta che indossi sempre ... che tu riesca a trovare una persona di cui fidarti ciecamente senza pensare che tutto il mondo ce l'abbia con te ... che tu riesca a trovare un'isola di pace per la tua rabbia e che qualcuno sia lì con te a gioire.

"Nella pedagogia è come in tutto il resto: appena smettiamo di riflettere sui casi particolari (e, in questo ambito tutti i casi sono particolari), per regolarci nelle nostre azioni, noi cerchiamo l'ombra della buona dottrina, la protezione dell'autorità competente, l'avallo del decreto, la firma in bianco ideologica. Dopodichè ce ne stiamo saldi su certezze che nulla scuote, neppure la smentita quotidiana della realtà."
[Daniel Pennac "Diario di scuola"]

Incontro tra diventati

In occasioni come queste si ha la sensazione di divenire, di trovare una rampa che ti lanci verso una nuova soluzione. Rappresenta l'attimo nel quale dall'esterno ti viene fornito l'elemento con il quale mettersi in discussione e che nell'attimo dopo ti fa dire "ma è chiaro, come potevo non pensarci prima!". Passaggi che segnano la crescita e che lasciano felicità per la scoperta.

"Insomma, diventiamo. Ma non cambiamo un granchè. Ci arrangiamo con quello che siamo."
[Daniel Pennac]

Divagazioni

Nutro la segreta speranza che col passare del tempo e con l'ampliarsi delle esperienze le situazioni tendano a migliorare.
Parto con l'idea che il nuovo debba necessariamente portare con sè una seppur minima manifestazione di chiarezza maggiore rispetto al vecchio.
Agisco come se tutto ciò fosse dovuto, logico e normale.
Finisco con l'essere ben lucido quando giungo allo scontro con la realtà delle persone.
Penso che l'esperienza e la realtà debbano sempre e comunque fare i conti con le personalità.

Quando meno te l'aspetti arriva il momento
con lotta e fatica hai cercato di sfuggirgli
ma in fondo era proprio lì che voleva incontrarti e salvarti
lui può aiutarti, lui ti dice la verità e te la fa finalmente vivere
dolore e liberazione nel riconoscersi soli nel posto che non c'è

"oggi il mio passato mi ricorda che io non so sfuggirti senza fingere
e che non posso sentirmi libero dalla tua corda, dal tuo patibolo"
(subsonica)

In Germania stanno avanti!

Studenti che danno i voti ai propri professori. È quanto accade in Germania dallo scorso anno, dopo la nascita di un portale dove gli studenti tedeschi possono comunicare tra loro, esporre nei loro scritti on-line la situazione nella loro classe e nella loro scuola, ed esprimere giudizi positivi o negativi sugli insegnanti. Oltre alla preparazione e competenza, i prof vengono giudicati anche sul tipo di presenza che hanno in classe; dall’aspetto emotivo a quello relazionale e per la loro capacità di offrire lezioni interessanti e valide. Uno strumento insomma che capovolge i ruoli rispetto al mondo reale e che – lo affermano i giudici tedeschi che si sono occupati di questa situazione – offre un valido e utile servizio agli studenti ma anche alle loro famiglie.

Ovviamente i docenti si sono ribellati. Una di loro ha dichiarato che il sito viola i diritti della persona e così sono finiti tutti in tribunale. Per fortuna i giudici hanno dato torto alla professoressa! E così sono contro questa iniziativa anche le associazioni degli insegnati e il loro sindacato.

Finalmente gli intoccabili sono stati toccati!

Il sito: www.spickmich.de

Anche Dragon Ball!

Così parlò il Comitato di applicazione del Codice TV e minori ieri mattina nella presentazione del Consuntivo 2007: Dragon Ball, Rex, telegiornali, molti telefilm, fiction, talk-show … non sono adatti al pubblico dei più piccoli. Chiarimento: per “più piccoli” di intende “minori” e quindi 0-18 anni. Dragon Ball per troppa violenza. Rex perché il pastore tedesco è brutale. I telegiornali perché hanno troppa cronaca nera. Io la metterei così: le fiction e i talk-show perché sono delle cazzate. I telefilm perché non se ne poteva veramente di subire tre serate a settimana di C.I.S. (miami, new york, … magari roma, viterbo, sulmona, pacentro!).

Al di là degli scherzi vorrei solo far notare un dato riportato dal presidente del Comitato, Emilio Rossi: "Si pensi che in televisione, nei notiziari e programmi di approfondimento, si è verificato che in una edizione, su 20 servizi 14 erano di cronaca nera. E' come se un quotidiano di 88 pagine ne dedicasse 64 alla cronaca nera. Questo non può essere perché in televisione le immagini hanno un impatto superiore rispetto alle notizie sulla carta stampata".

E così ecco a chiederci perché mai siamo diventati tutto a un tratto individualisti! Perché non si è più capaci a relazionarsi con l’altro; non si è capaci di socialità, responsabilità, interesse, rischio.

Idee intelligenti

Basta andare un po’ al di là di quello che ci dice la televisione ed ecco che spuntano le cose belle … da qualche settimana raccolte nel libro “Nostra eccellenza”, scritto da Filippo Solibello e Massimo Cirri (conduttori di Caterpillar su Radio 2). Storie che raccontano un’Italia diversa, e soprattutto possibile, attraverso le idee di uomini e donne che si impegnano nel rendere questo Paese più vivibile. L’immagine dell’Italia che non piagnucola e che si dà da fare esprimendo una immensa creatività per rimanere legati ad una delle pochissime cose che ci hanno lasciato come individui: l’identità di consumatori. E quindi via con piccole e grandi idee concretizzate sull’energia, rifiuti, mobilità, impresa, scuola, ecc…

Per approfondire: www.chiarelettere.it

Oppure compratevi il libro, non sarebbero soldi spesi inutilmente:
“Nostra eccellenza” di Filippo Solibello e Massimo Cirri, ed. Chiarelettere

Convenienza e segno dei tempi

Ad una settimana dalla sua elezione il neo presidente delle Conferenza Episcopale Tedesca, l'arcivescovo Robert Zollitsch, afferma in un'intervista sul "Der Spiegel" che: "constatiamo la diminuzione delle vocazioni, la sfida del Vangelo è difficile da trasmettere. é ovvio che il collegamento tra l'essere prete e il celibato non è teologicamente necessario [...] perchè il celibato non è un precetto di diritto divino ma ecclesistico". Una rivoluzione insomma che deve però passare per un eventuale Concilio.

E inoltre, in fatto di unioni omosessuali: "è una realtà sociale. Come cattolico il mio ideale sono ovviamente il matrimonio (tra uomo e donna) e la famiglia ma se esistono persone con questa predisposizione, lo Stato può adottare le opportune regolamentazioni". Ovviamente non si parla di matrimonio tra omosessuali, nè tantomeno di poterlo celebrare in chiesa, ma è piacevole sentir finalmente riconosciuta una realtà sociale che c'è sempre stata.

Fosse cà fosse che.........

p.s. questa notizia è stata riportata oggi da "La Repubblica" ed è firmata da una giornalista che fa di cognome PASOLINI ... si può parlare di caso o di provvidenza, ma è pur sempre geniale!!!

Da una amica ...

Se vogliamo una società migliore con una coscienza civile forte, dobbiamo educarci e educare a non fermarci all’apparenze, chiederci e se possibile individuare le cause che creano i problemi e assumerci la responsabilità di metterne in atto altre, che quei problemi risolvono.

Restringere il campo delle cose importanti.

Aiutiamoci a dare ai ragazzi gli strumenti per riconoscere le trappole (egoismo, avidità, potere, superbia, vanità) nei fatti della vita.

Quell’uomo che non guaderà solo ai propri bisogni sarà un uomo in grado di difendersi, di comprendere, di non giudicare, di aiutare e soprattutto di riconoscere la sua strada anche in mezzo a questo caos.

Un cappello per pensare

“I cappelli ci permettono di pensare e dire cose che pensate o dette senza di essi costituirebbero un pericolo per il nostro Io”.

Lì dove si sostiene che l’abitudine occidentale (trasmessaci dai pensatori greci) alla discussione e alla dialettica non funziona, si propone la parte mancante come fondamentale: la generatività e la creatività; questo perché il pensiero critico va bene per reagire a quello che ci viene messo di fronte, ma non fa scaturire proposte. Per stimolare e apprendere come pensare in maniera creativa e propositiva, Edward de Bono ha teorizzato (già negli anni ’60) il “pensiero laterale” e, più concretamente, il metodo dei “sei cappelli” per pensare: bianco, rosso, nero, giallo, verde, blu. Ogni cappello fornisce alla persona che decide di indossarlo un ruolo ed un modo diverso di pensare una stessa cosa: oggettività, emotività, negatività, positività, creatività, organicità. Decidere di indossare uno dei cappelli significa pensare in un certo modo liberandosi dal peso di dover difendere il proprio Io. Un modo che può essere cambiato passando da un cappello ad un altro ma sempre sforzandosi di tenere fede al tipo di cappello che si ha in testa.

Edward de Bono, “Sei cappelli per pensare”, BUR, Milano, luglio 2004.

Fotografare il divenire!

Mi riesce difficile spiegarlo. L’intento è quello di catturare nelle giornate quell’attimo, quell’evento, che cambia la mappa. Che in qualche modo mi fa presagire che qualcosa di nuovo sta iniziando. Un qualcosa sul quale poter riporre le proprie forze nella speranza di un continuo andare verso il meglio possibile. Nella presunzione di pensare che sia dovuto anche un po’ a me ma anche nella riconoscenza della mia estraneità. Probabilmente riconoscere che le cose possono migliorare o andare bene anche senza la nostra presenza è un magnifico atto di umiltà e di servizio.

E così anche io...e Walter Benjamin!

Mi perdonerà Baricco se uso delle sue parole...

"Non è facile da spiegare, quindi sedetevi, e se non potete sedervi, interrompete, e ripartite quando potete usare tutti i neuroni. Ecco: lui non cercava mai di capire cos'era il mondo, ma, sempre, cosa stava per diventare il mondo. Voglio dire che ad affascinarlo, nel presente, erano gli indizi delle mutazioni che, quel presente, avrebbero dissolto. Erano le trasformazioni, che lo interessavano: dei momenti in cui il mondo riposava su se stesso non gliene fregava niente. Da Baudelaire alle pubblicità, qualsiasi cosa su cui si chinava diventava la profezia di un mondo a venire, e l'annuncio di una nuova civiltà. [...] per lui capire non significava collocare l'oggetto di studio nella mappa conosciuta del reale, definendo cos'era, ma intuire in cosa, quell'oggetto, avrebbe modificato la mappa, rendendola irriconoscibile. Lo faceva godere studiare l'esatto punto in cui una civiltà trova il punto d'appoggio per ruotare su se stessa e diventare paesaggio nuovo e inimmaginabile." (A. Baricco, "I barbari")