Domenica sera ho visto “La passione” con due musulmani. Certo, il particolare non sta nell’aver passato con loro una serata davanti la televisione (in questi mesi Colorado Cafè è stato un appuntamento fisso!) ma nell’essere stata per me una serata televisiva decisamente diversa dal solito.
Si può dire che aver visto insieme la passione di Gesù in televisione sia un segnale di integrazione? Neanche per sogno. O per lo meno non basta. Un piccolo segnale potrebbe invece essere questo: il loro interesse nel capire alcuni particolari di quello che stavano guardando, il loro rispetto nel non disturbare la mia visione, il fatto che nel sentirmi raccontare alcuni particolari della storia di Gesù non hanno pensato che io lo stessi facendo per paragonarlo al loro Maometto. Ecco, l’integrazione funziona come tutti gli altri rapporti di convivenza: non si ottiene soltanto vivendo insieme nello stesso posto (essere vicini di casa, andare a comprare nei loro negozi, fare sport o essere a scuola con loro, non significa necessariamente essere integrati) o sapendo la vita dell’altro, ma la si ottiene vivendo con l’altro la “quotidianità” fatta di cibo, spazi proprio e spazi comuni, scuola, lavoro, conflitti emotivi. In questa situazione parlare delle proprie differenze culturali può aiutare ma il punto fondamentale sta nell’affrontarsi e capirsi sul piano delle emozioni, sentimenti, pregiudizi, paure. Un ragazzo che si arrabbia perché pensa che tu ce l’hai con lui perché lui è straniero non è una questione di differenze culturali o religiose, ma di sentimenti e pregiudizi e probabilmente il concetto di integrazione va a braccetto con quello di fiducia. Dopodiché si fa interessante ascoltare i due ragazzi musulmani che ti spiegano come Gesù è inserito nella loro religione (loro lo pregano!) e come il popolo israeliano è visto nel loro paese.
La società crea molte costruzioni mentali sugli stranieri, di solito sono delle barricate, e lo fa per difendersi, per autoregolarsi e non dover cambiare troppo. Togliendo di mezzo queste barricate (di solito innalzate nel nome della differenza culturale e religiosa), o per lo meno non facendone dei punti fondamentali, si scopre che sono persone come noi: portatori di emozioni, di valori e di conoscenza, sia nel bene che nel male … proprio come lo siano tutti noi.
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